Margherita Moscardini | Super Super

8 Aprile 2025

Margherita Moscardini e Gabriella Rebello Kolandra in conversazione

GK

Ci racconti Super Super?

MM

Nasce alla fine del 2023, dall’invito a riflettere su un’area precisa della città di Lodi, dove il fiume Adda si interseca con la tangenziale attraverso un ponte, un passaggio pedonale e ciclabile, abitato. Ho frequentato ogni mese per un anno questo luogo e la sua gente, grazie all’aiuto grande di Stefano Joli e Manuela Bolognini [Fondazione Caritas Lodigiana ETS, n.d.r.]. Tanti colloqui e visite condotti attraverso le lenti della città intesa come la comunità di persone (civitas) che in base ai propri bisogni or­ganizza l’ambiente materiale (urbs) e si regola (polis). Per parlare di questo posto mi è stato necessario tras­formare Platea.

GK

Platea è uno spazio dedicato all’arte contempora­nea ricavato da una vetrina sulla facciata di Palazzo Galeano, un palazzo storico sul corso principale della città di Lodi. Nel 2021, con la nascita di Platea, un locale non più utilizzato dal portiere del palazzo è stato scorporato dallo spazio espositivo di recente costruzione e reso inaccessibile.

MM

Sì, attraverso Super Super e con la complicità di quel locale, lo spazio bidimensionale della vetrina gua­dagna la terza dimensione. Diventa sempre accessi­bile, mostrandosi come luogo di congiunzione tra la dimensione pubblica della strada e quella privata del cortile interno al palazzo. Platea diventa letteralmente una platea, una sequen­za di gradini domestici a disposizione del pubblico notte e giorno, senza filtri, per l’intera durata della mostra. Anziché terminare sulla soglia, la strada penetra l’edificio che, attraverso un sensore crepusco­lare, adesso si illumina in accordo con l’illuminazione pubblica. Platea si trasforma in un supporto, si com­porta come una piazza dove il passante può stare per osservare la strada ed essere osservato dalla città.

GK

Lo spettacolo della strada, dello spazio urbano. L’idea di riprendere Lina Bo Bardi, qui, è venuta immediata quando ho compreso le caratteristiche precedenti di Platea, un volume non accessibile al pubblico e fruibile attraverso un vetro. Nello specifico abbiamo stabilito un dialogo con uno dei suoi progetti a me più cari: il Teatro Oficina a São Paulo, Brasile, sede dell’omonima compagnia teatrale fon­data nel 1958. Bo Bardi, partendo dalla strada, unisce gli spazi attraverso un’asse demarcato e apre l’edificio alla città, rendendo possibile al contempo una dilui­zione tra palco e platea, caratteristica delle sperimen­tazioni che sfidano il teatro tradizionale e riflettono la concezione del teatro totale di Artaud. Un teatro nudo, senza palcoscenico, un’entità comunitaria.

L’operazione mi interessa per due ragioni: da un lato la struttura della compagnia teatrale, che rappresen­ta un avvicinamento al pensiero di Grotowski e al teatro povero, per quanto riguarda la ricerca di una pratica teatrale che si affermi tra arte e vita; dall’altro l’edificio, che diventa una grande scatola scenica in cui attori, spettatori e tecnici sono a stretto contatto. In questo modo non esiste più un confine tra i ruoli e i corpi che abitano lo spazio del teatro.

Nel Teatro Oficina il teatro diventa un progetto di gruppo la cui radicalità emerge dalla festa condivisa con il pubblico e in questo senso Super Super inter­preta in profondità i suoi principi. Adesso, che tipo di pubblico possono generare lo spazio e il tempo di questa mostra?

MM

Se è vero che, quasi per sottrazione, la strada che avanza e la proprietà che arretra sono due forze che partecipano alla produzione di uno spazio che eccede le false categorie di pubblico e privato – categorie che viziano il nostro abitare – e se è vero che si può met­tere in scena solo ciò che esiste, allora questa mostra più che essere un esperimento è una testimonianza, del seme di un altro abitare svincolato dall’ordine in cui ci orientiamo e siamo protetti come cittadini.

GK

Mi piace pensare a questa mostra come una testi­monianza. Testimoniare l’esistenza di altre forme di abitare attraverso la messa in scena di uno spazio, rendendolo accessibile e, principalmente, offrendo un’inversione di prospettive.

MM

Esatto. I punti di vista si invertono e i soggetti si confondono. Come nell’opera video THE CITY, l’altro lavoro che ho sviluppato in questa occasione, dove il soggetto sfugge sempre [Essere fiume, n.d.r.]. Il fiume diventa stra­da e poi pilastro e poi uomo, mettendo in scena tutti gli elementi che partecipano alla costituzione di una città, provvisoria, informale.

GK

Quando Lefebvre scrive Il diritto alla città nel 1968 – stesso anno in cui Grotowski pubblica il suo ma­nifesto Per un teatro povero – punta l’attenzione sul valore sociale e non individuale della città: la possibi­lità di usare lo spazio in maniera libera, non normata. Attraverso l’uso condiviso, che si traduce in attività, incontro, improvvisazione e festa, le persone possono soddisfare i propri bisogni, che Lefebvre individua in maniera dialettica come bisogni “sociali” e “antropo­logici”, “opposti” e “complementari”: di intimità e di apertura, di incontro e di solitudine, di sicurezza e di avventura.

Super Super da una parte vuole esprimere le possibi­lità di questo spazio e, dall’altra, celebra il potenziale politico, poetico ed estetico della strada. Può servire come piattaforma per riflettere sull’annullamento delle barriere, dei confini e dei limiti rispetto alle possibilità dell’arte.

MM

È un dispositivo che viene attivato dalla città. E mi piace che questa nuova configurazione dello spazio resti a disposizione degli artisti coinvolti nel pro­gramma del 2025 di Platea. Lefebvre dice di considerare la città nel suo valore di opera, oeuvre, più che nel suo valore di scambio.

THE CITY è una città che negli ultimi dieci anni si è popolata di oltre trecento persone. Hanno abitato il contesto naturale e l’infrastruttura stradale condivi­dendo il tempo e lo spazio non necessariamente per soddisfare i bisogni primari come dormire e nutrirsi. Ognuno qua ha un lavoro, i documenti e una lingua comune che è l’italiano. Qua nessuno ha una casa, per scelta o contingenza. Così questo spazio è abitato per cucinare insieme, riposare, giocare a dama, atti­vità che non sono compatibili con lo spazio pubblico sempre più controllato e privatizzato.

THE CITY è nel futuro non perché il disagio di sollevare i beni dal fango sia desiderabile, e nean­che perché il risveglio nell’esplosione di verde che costeggia il fiume sia preferibile al risveglio in una greenhouse temperata. È nel futuro perché il domi­nio pubblico, assieme alla condizione dell’esilio del singolo attorno a cui re-immaginare una forma di cittadinanza aperta, sono a mio avviso la sola possibi­le sopravvivenza politica dell’uomo.

GK

THE CITY Super Super si parlano senza guardarsi.

MM

Sono due opere che nascono da una medesima espe­rienza e che provano a mettersi in scena a vicenda.

A Platea abbiamo introdotto una scala che costrin­ge lo spazio aperto sempre. Come oggetto la scala materializza la possibilità di attraversamento. Anche alcuni oggetti di argilla abitano Platea provvisoria­mente. Un corrimano, una dispensa, uno scendiletto. Sono sculture ispirate a chi riserva il massimo valore agli oggetti che trova senza conoscere l’economia cir­colare, perché è egli stesso il paesaggio che si trasfor­ma, che incorpora e rilascia senza possedere.

Super Super sono un paio di scarpe disposte su uno scendiletto disteso ai piedi di un letto, ricomposto con cura, sopra l’Adda che scorre.

Margherita Moscardini (Italia, 1981)
è un’artista che indaga le relazioni tra i processi di trasformazio­ne di ordine naturale, urbano e sociale di specifiche geografie. La sua pratica attraversa diversi ambiti tra cui l’architettura, la città e la cittadinanza, cercando di generare sculture intese come oggetti e spazi giuridicamente estranei alla sovranità territoria­le. Privilegia progetti a lungo termine che sviluppa attraverso mezzi differenti tra cui interventi in larga scala e scritti.
Gabriella Rebello Kolandra (Rio de Janeiro, 1993)
è la curatrice del palinsesto di mostre di Platea Palazzo Gale­ano nel 2025. Ha scritto, partecipato e curato progetti presso SAVVY Contemporary, Berlino; Haus Der Kulturen Der Welt (HKW), Berlino; Easttopics, Budapest; Art Encounters Fou­ndation, Timišoara; ICA Milano; Archive Milano/Berlino, tra altri. La sua tesi di laurea (Facoltà di Architettura e Urbanistica UFRJ, Rio de Janeiro, 2019) le ha concesso una borsa di studio presso il biennio specialistico in Arti Visive e Studi Curatoriali della Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) di Milano, dove completa il suo percorso accademico nel 2022 con la tesi “Tra l’arte contemporanea e l’immaginazione politica”. Kolandra ha collaborato con Archive (Berlin/Dakar/Milan), una comunità di pratica decentralizzata, in diversi progetti tra il 2021 e il 2023 e attualmente è Assistente Curatrice presso Fondazione ICA Milano.
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